“Ringrazio tutti i cittadini che difendono i valori che furono propri anche di Paolo Borsellino, contro i tanti che anche nella politica continuano a calpestare quei valori con l’arroganza dei prepotenti e degli impuniti”. Queste le dure parole pronunciate a Palermo, dal palco montato in via D’Amelio, dal sostituto procuratore Nino Di Matteo.
Subito prima del minuto di silenzio, Salvatore Borsellino lo aveva paragonato al fratello Paolo, invitando tutti a non lasciarlo solo.
Di Matteo ricordando Borsellino, in occasione del ventiduesimo anniversario dell’attentato in cui fu ucciso, ha parlato anche di un
“muro di gomma e di indifferenza istituzionale”, e del “pericolo di un clima di delegittimazione che si nutre di silenzi colpevoli, ostacoli e tranelli disposti per arginare quell’ansia di verità rimasta patrimonio di pochi”.
“Noi magistrati – ha aggiunto Di Matteo – abbiamo il dovere etico e morale di cercare la verità anche se ci rendiamo conto che quel cammino costa lacrime e sangue, specie quando incrocia il labirinto del potere, ma occorre soprattutto rispettare la verità e non avere paura a declamarla anche quando ciò può sembrare sconveniente”.
“Affermano il falso i tanti che per strumentale interesse ripetono che i processi celebrati a Caltanissetta hanno portato a un nulla di fatto - ha spiegato il pm – ignorano o fingono di ignorare che 22 persone sono state condannate per concorso in strage e che il movente non era esclusivamente legato a una vendetta mafiosa nei confronti del giudice. In molti anche all’interno delle istituzioni sanno ma continuano a preferire il silenzio,certi che quell’omertà continuerà a pagare magari con l’evoluzione di splendide carriere. Il cammino di liberazione dalla mafia è rimasto a metà del guado, mentre ai ladri e ai corrotti si assicura la sostanziale impunità”.
Di Matteo ha poi criticato la “riforma attuata sull’ordinamento giudiziario a quella in cantiere sulla responsabilità civile dei giudice. Non si può assistere in silenzio a questi tentativi di ridurre la magistratura a vuota espressione formale, svuotando l’autonomia del pubblico ministero e trasformando il magistrato inquirente in un semplice burocrate”.