La procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta con l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, a carico del generale del Ros Mario Mori e di Lorenzo Narracci, ex capocentro del Sisde di Palermo. Stessa conclusione nei confronti dell’altro 007 Rosario Piraino, accusato di violenza privata aggravata dall’agevolazione di Cosa nostra, e per il maggiore Antonello Angeli, che rispondeva di favoreggiamento.
Si sgonfia cosi’ una delle inchieste-stralcio contro gli appartenenti ai Servizi segreti, estrapolata dalla trattativa Stato-mafia e che coinvolgeva, tra gli altri, anche Pino Lipari e Bernardo Provenzano.
“Non ci sono elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio”, scrivono il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene: Mori rimane sotto processo in Corte d’assise, per i presunti accordi con i boss nel periodo delle stragi del ’92-’93, ma il concorso esterno non può essergli addebitato.
Perlomeno in questa fase, visto che sono scaduti i termini per indagare e salve le ulteriori indagini tuttora svolte dai pm palermitani, nei fascicoli-stralcio ancora aperti. Il filone di cui i pm chiedono l’archiviazione riguardava una serie di dichiarazioni rese da Massimo Ciancimino, alle quali non sono stati trovati riscontri. Decisiva l’iniziativa adottata dai legali di Piraino, indicato da Ciancimino come “il Capitano”, che lo avrebbe minacciato, sollecitandolo a ritrattare le accuse, andando a trovarlo nella sua residenza bolognese.
Gli avvocati Nino Caleca e Marcello Montalbano, all’inizio di aprile, avevano chiesto l’avocazione dell’indagine da parte della Procura generale, affermando che c’era stata inattivita’ da parte dei pm, ma la richiesta e’ stata rigettata, perche’ a meta’ del mese scorso il pool coordinato da Teresi ha chiesto l’archiviazione per infondatezza della notizia di reato.
Ora dovrà pronunciarsi il Gip. Mori rimane tra i principali imputati del processo sulla trattativa Stato mafia e il mese prossimo contro di lui comincerà l’appello nel processo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano, possibile, secondo la Procura, già nell’ottobre del ’95 a Mezzojuso (Palermo).
Mario Mori si è presentato all’aula bunker dell’Ucciardone dove ha reso dichiarazioni spontanee.
“Contro di me accuse e calunnie – ha detto – senza produrre una prova che sia una ma ricorrendo esclusivamente ad asserzioni ed illazioni, non documentate ed a conseguenti deduzioni del tutto improbabili se non assurde”.
Secondo Mori, quelle che contro di lui ha ripetuto anche in questo procedimento il collaboratore di giustizia Stefano Lo Verso, sono “calunnie, che a lui apparivano rilevanti e significative, in particolare sulla figura di Luigi Ilardo, asseritamente apprese da Provenzano, ma in realta’ frutto esclusivo di acquisizioni mediatiche”.
Mori si dice fermamente convinto che Lo Verso abbia aggiunto le dichiarazioni solo dopo che la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha disposto il sequestro di beni nei suoi confronti. Al processo oggi depone anche Roberto Tempesta, maresciallo dei carabinieri che nel 1992 contatto’ l’estremista di destra Paolo Bellini per infiltrarlo in Cosa nostra.