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Mafia ed estorsioni, 7 in manette Arrestati titolari di un noto ristorante

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I carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno arrestato 7 persone, tra cui i due titolari di un noto ristorante palermitano che si trova in centro che avrebbero chiesto il pizzo ad alcuni autotrasportatori.

L’operazione, denominata “Bucatino” è coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia.

Gli arrestati risponderanno, a vario titolo, dei reati di estorsione, rapina e lesioni personali, con l’aggravante di avere commesso il fatto con metodo mafioso, ovvero avvalendosi della forza di intimidazione connessa a un sodalizio di tipo mafioso e delle condizioni di assoggettamento ed omertà da essa derivanti.

LEGGI I NOMI DEGLI ARRESTATI

GUARDA I VOLTI DEGLI ARRESTATI

Maurizio e Giovanni De Santis, sono due ristoratori. Nel gennaio 2012 avevano rilevato il ristorante “La dispensa del Monsù”, divenuto poi “Il Bucatino”, che si trova in via Principe di Villafranca a Palermo, a due passi dal Politeama.

Le indagini della Dia hanno permesso di appurare che nel maggio del 2012, i titolari di una società di trasporti della Provincia di Palermo (un uomo di Bagheria e la sua compagna), avevano subito il furto di un rimorchio, contenente materiale destinato ad un grosso rivenditore di elettrodomestici, per un valore di 168 mila euro.

Nel corso di una cena al ristorante “Il Bucatino”, gli imprenditori, disperati, avevano confidato l’accaduto ai titolari dell’attività, Giovanni e Maurizio De Santis. Quest’ultimo, vantando una sua affiliazione alla famiglia di Palermo Centro, e una stretta amicizia con l’allora reggente del mandamento Alessandro D’Ambrogio, si era offerto per il recupero della merce, prospettando ai due imprenditori una protezione futura in cambio del pagamento di 15 mila euro a Natale e 1.500 euro al mese dal gennaio 2013.

Convinti che avrebbero potuto subire altri furti, i due imprenditori avevano accettato l’offerta consegnando a Maurizio De Santis, in tre tranche, la somma di 15 mila euro e, sospettando che a far sparire il carico di elettrodomestici fossero stati i loro dipendenti, gli avevano chiesto di attivarsi per il recupero.

Così Maurizio e Giovanni De Santis, in compagnia di altri due uomini, si erano recati a Termini Imerese, presso la sede della ditta, picchiando violentemente gli autisti ritenuti responsabili del furto.

Per questa vicenda, nel dicembre 2012, i due imprenditori erano stati arrestati. Le loro dichiarazioni avevano consentito di accertare le responsabilità dei De Santis, per i quali era stata disposta la custodia cautelare in carcere per sequestro di persona e lesioni personali.

La detenzione dei De Santis durò alcuni mesi. Dopo la scarcerazione, i due, insieme a Rita Salerno, moglie di Maurizio e madre di Giovanni, avevano portato avanti una serie di pressanti azioni intimidatorie ai danni dei due imprenditori, pretendendo una sorta di risarcimento per l’arresto subito, quantificato in 200 mila euro.

In particolare, nel febbraio 2013, Rita Salerno si era recata a Bagheria, presso l’abitazione dove gli imprenditori si trovavano agli arresti domiciliari, minacciandoli e dicendo loro che se non avessero pagato sarebbero stati uccisi perché “sbirri” e responsabili della chiusura del ristorante (“Il Bucatino”) da cui era derivata un grosso danno economico.

Nel giugno 2013, nei pressi di Piazza Unità di Italia, i due imprenditori, erano stati bloccati dai De Santis. L’uomo e la donna, minacciati di morte, si erano impegnati a pagare la somma richiesta, riuscendo però a consegnare agli estorsori ‘soltanto’ 7 mila euro del 200 mila pretesi.

Le minacce continuano. Il 20 luglio 2013, i due imprenditori erano stati convocati per un appuntamento chiarificatore in un bar di Bagheria. Ad aspettarli, oltre a De Santis padre e figlio, avevano trovato Pietro Flamia, pronto ad intimargli di pagare subito 200 mila euro.
All’appuntamento i De Santis si erano presentati in compagnia di una decina di persone a bordo di scooter. Uno dei presenti aveva strattonato le vittime, intimandogli di vendere tutto quanto possedevano, a iniziare dall’autovettura.

Giovanni De Santis, minacciando l’uomo e la donna con una pistola, gli aveva sottratto le chiavi della macchina, andando via con l’autovettura. I due imprenditori bagheresi, spaventati da quanto accaduto, avevano deciso di lasciare la Sicilia per qualche tempo.

Nel settembre 2013 l’uomo e la donna avevano deciso di tornare nell’Isola. Le minacce erano proseguite. Ad ottobre, erano stati avvicinati da Umberto Centineo (padre di Francesco, già in carcere perché arrestato nell’ambito dell’operazione Argo), il quale,facendo leva sul ruolo mafioso del figlio, aveva informato gli imprenditori di essere a conoscenza della loro vicenda tramite il figlio che, dal carcere, aveva fatto sapere che, se i suoi familiari fossero stati assunti quali autisti, avrebbe potuto intercedere per fare chiudere la vicenda e fare addirittura restituire l’autovettura rubata.

Gli imprenditori, convinti di poter risolvere definitivamente la questione, avevano assunto Umberto Centineo e il figlio come autisti, e il giorno dopo, avevano consegnato assumevano a Umberto Centineo, a titolo di prestito, 1.400 euro per il pagamento delle spese legali del detenuto.

Dopo l’assunzione Umberto Centineo, aveva comunicato agli imprenditori che dovevano quanto meno risarcire le spese legali sostenute dai De Santis per la loro detenzione, chiedendo all’uomo e alla donna 32 mila euro.

A quel punto, esausti per le continue vessazioni subite, i due imprenditori avevano deciso di denunciare il tutto. Centineo li aveva minacciati di morte, proponendogli contestualmente, di andare da un’altra persona, indicatagli dal figlio, che avrebbe potuto dare una mano a risolvere il problema. E così, il giorno dopo, aveva accompagnato la coppia in un’agenzia di pulizie di Corso dei Mille, da Francesco Licandri. Quest’ultimo, aveva fatto uscire dagli uffici la donna e, rivolgendosi al compagno, gli aveva intimato di dare i soldi a De Santis. L’incontro si era concluso con le ennesime minacce di morte.

Le vittime, spaventate, avevano venduto un camion, consegnando la copia degli assegni ricevuti, per un importo di 30 mila euro, a Umberto Centineo, affinché li mostrasse a Li Candri. Ma poi, erano proseguite le minacce, tanto da spingere i due a denunciare tutto alla magistratura per uscire dalla terribile vicenda.

La Dia ha anche appurato come i De Santis erano diventati titolari del ristorante.
Nel gennaio 2012, Maurizio De Santis, tramite due prestanome, aveva rilevato per 50 mila euro l’attività commerciale “La dispensa del Monsù”, dalla precedente titolare.
La contrattazione, dapprima si era svolta normalmente ma, presto gli acquirenti avevano fatto pressione sulla donna per velocizzare la conclusione della compravendita e, soprattutto, per eliminare dal contratto una clausola di esclusione di responsabilità per una causa civile intrapresa nei confronti della venditrice da una comproprietaria dell’immobile.

Nel gennaio del 2012, Maurizio e Giovanni De Santis, accompagnati dai due prestanome, si erano recati sotto casa della donna, picchiando violentemente il suo ex compagno, tanto da procurargli la rottura del setto nasale.

ve.fe


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