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Via D’Amelio, Cardella su falso pentito Candura: “Pareva credibile”

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Ha deposto stamani al processo “Borsellino Quater” a Caltanissetta il magistrato Fausto Cardella, applicato in Sicilia per le indagini sulle stragi di mafia nei mesi successivi alla bomba di via d’Amelio.

Il pm ha riferito circa la figura del falso pentito Salvatore Candura, arrestato nel settembre del ‘92 per rapina e violenza sessuale e che pochi giorni a seguire iniziò a parlare del furto della Fiat 126 usata come autobomba per l’attentato di via D’Amelio. 

Secondo l’artefice di quello che si rivelò un grande depistaggio, l’auto era stata rubata su incarico di un altro falso pentito, Vincenzo Scarantino, dietro compenso.

“Nel corso degli interrogatori di Salvatore Candura escludo comportamenti anomali – ha dichiarato oggi Cardella -. Candura aveva elementi che destavano perplessità sia per la sua caratura criminale sia per il suo rapporto di parentela con la proprietaria della 126, poi utilizzata come autobomba nella strage di via d’Amelio. Gli davamo credibilità per via della microspia che era collocata nella sua cella”. 

Solo a 17 anni di distanza, Candura ammise ai pm di aver inventato anni di testimonianze dietro minacce di Arnaldo La Barbera, allora capo della squadra mobile di Palermo, e di altri funzionari della polizia.


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