Nel ’92 Cosa nostra avrebbe usato la sigla Falange Armata per rivendicare alcuni attentati. La circostanza, già riferita al processo sulla trattativa Stato-mafia dal collaboratore Filippo Malvagna, è stata ribadita oggi dal pentito catanese Maurizio Avola che ha deposto davanti alla corte d’assise di Palermo che sul presunto accordo tra i clan e pezzi delle istituzioni processa boss, ex politici e ufficiali dell’Arma.
Il collaboratore di giustizia ha anche raccontato di una riunione organizzata a Messina nel ’91 tra esponenti della mafia etnea e palermitana per concordare una strategia stragista volta a punire i nemici, come il giudice Giovanni Falcone, e i politici che, a dire dei boss, avevano tradito la mafia.
Avola ha anche sostenuto che la mafia pensava a creare “un partito nuovo che doveva intervenire e si dovevano cambiare tutte cose”. “Stiamo aspettando un segnale forte da Dell’Utri e da Michelangelo Alfano, un grosso massone, che non conosco”, avrebbe riferito al collaboratore, allora affiliato alla “famiglia” di Nitto Santapaola, il luogotenente del padrino Eugenio Galea.
Avola tra fine aprile e i primi di maggio del 1992 fu spedito in Toscana, a Firenze, per studiare i luoghi in cui compiere eventuali atti intimidatori. In più passaggi Avola ha fatto cenno all’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri, in carcere per scontare una condanna a 7 anni, definitiva, per concorso in associazione mafiosa e ha accennato a investimenti della mafia nella Fininvest.