Ha presentato un doppio ricorso per ottenere l’ambito posto di ricercatore per la Facoltà di Scienza della Formazione. Per due volte la commissione esaminatrice gli aveva preferito l’altra aspirante Serena Marcenò. Per due volte il Tar di Palermo ha dato ragione a Fulvio Di Blasi assistito dall’avvocato Giuseppe Nicastro.
Un ricorso presentato contro l’Università di Palermo per chiedere l’annullamento del decreto del Rettore dell’Università degli studi di Palermo numero 3120 del 3 ottobre del 2011 con il quale sono stati approvati gli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura del posto di ricercatore.
Un decreto con il quale si stabiliva che la cattedra se l’aggiudicava Serena Marcenò. Un posto ambito contrassegnato da una lunga guerra a colpi di carta bollata. Una prima sentenza del Tar del 2010 aveva annullato l’esito finale del concorso indetto il 27 febbraio del 2008.
Alla luce della sentenza si era rifatta la procedura “comparativa” per affidare il posto. Anche in questo caso ad uscire vincitrice era stata di nuovo la dottoressa Mercanò. Contro questo risultato, a dire di Fulvio Di Blasi illegittimo, un nuovo ricorso e adesso una nuova sentenza che annulla di nuovo il risultato espresso dalla commissione.
Il candidato sconfitto due volte ha ribadito che la Commissione avesse disatteso i criteri e le modalità di svolgimento delle prove. Era stato deciso per la seconda prova scritta, di sostituire la stessa “con una prova pratica, consistente nella lettura e traduzione in lingua inglese di un testo. I testi saranno tradotti per iscritto”.
Secondo quanto dimostrato dal candidato sconfitto due volte, e accertato dai giudici del Tar, la commissione “avrebbe omesso – si legge nella sentenza – di far svolgere una fase saliente della predetta prova pratica in relazione alla lettura del testo in inglese. Il mancato svolgimento della prova di “lettura” è fatto incontestabile. Su tale punto affermano i giudici della seconda sezione presieduta fa Filippo Giamportone (Roberto Valenti, Estensore e Anna Pignataro, Primo Referendario) le argomentazioni svolte rispettivamente dall’Avvocatura e dalla seconda candidata non siano convincenti”.
Per i giudici “il mancato svolgimento della fase di “lettura” del testo costituisce indice sintomatico di illegittimità degli atti impugnati per violazione dei criteri a cui la stessa Commissione si era autovincolata”. Alla luce di tutto ciò la valutazione tra i due candidati si dovrà rifare. Dopo sei il posto è ancora vacante. L’Università è stata condannata a pagare le spese processuali quantificate in 2 mila euro.