I finanzieri del gruppo della guardia di finanza di Palermo hanno denunciato 3 palermitani, padre e due figli, appartenenti a una famiglia di imprenditori del settore immobiliare e del commercio di elettrodomestici, per i reati di riciclaggio e di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Sequestrato preventivamente il patrimonio riconducibile ai tre imprenditori, al fine di poter provvedere all’eventuale confisca delle somme dovute al fisco.
Nel dettaglio, i sigilli sono stati apposti a 15 immobili commerciali e abitativi dislocati nella provincia di Palermo, quote sociali di una società immobiliare e saldi attivi di rapporti di conto titoli e conti correnti. Su questo patrimonio, già affidato ad un amministratore giudiziario, il fisco potrà concretamente recuperare i tributi evasi. I finanzieri hanno eseguito un provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in accoglimento della richiesta avanzata dalla locale Procura della Repubblica.
Le indagini delle Fiamme Gialle, nel quadro della delega impartita dalla Procura della Repubblica, hanno permesso di accertare come gli imprenditori colpiti dal sequestro, attraverso un piano preordinato e ben delineato, abbiano, nel tempo, attuato il riciclaggio di proventi di reati fiscali già contestati dal 2003 al 2006 e, nel contempo, a “spogliare” fittiziamente il patrimonio familiare.
Già condannato in primo grado per dichiarazione infedele per una evasione fiscale per 1 milione e mezzo di euro, il padre, per eludere i provvedimenti legittimamente adottati dall’Agenzia delle Entrate e dalla società di riscossione rivolti al concreto recupero delle imposte non pagate, ha in primo luogo fornito ai figli la provvista finanziaria per procedere all’acquisto di unità immobiliari, poi rivendute a terzi, ottenendo in tal modo un profitto “ripulito”, non direttamente riconducibile all’evasione commessa in precedenza.
Poi, con la stessa finalità di sottrarre il patrimonio alle azioni di riscossione, il padre ha fatto confluire le proprie disponibilità patrimoniali e finanziarie ad una società immobiliare, utilizzata quale “cassaforte di famiglia”, di cui egli stesso era amministratore unico ed i figli soci, il cui capitale sociale è stato poi conferito in un trust appositamente costituito.
Le indagini della guardia di finanza hanno dimostrato che questo affidamento sia stato solo formale e la costituzione del trust sia stata simulata per aggirare le procedure di riscossione delle imposte. Al fine di far risultare “nullatenente” l’imprenditore.